Difesa siciliana negli scacchi: come funziona?

Generalmente si dice che la migliore difesa è l’attacco. Tuttavia, nel gioco degli scacchi, la migliore difesa… è la difesa! Non puoi attaccare scriteriatamente, poiché rischi di perdere pezzi importanti e soprattutto di lasciare indifeso il re, che invece va protetto fino alla fine. Ebbene in questo articolo ci concentriamo sulla difesa siciliana degli scacchi, uno dei sistemi difensivi maggiormente utilizzati in questo gioco.

Rientra tra le aperture di gioco semiaperto. Il Nero inizialmente si muove subito combattendo verso il centro, in particolare per la casa d4. Spingendo il pedone “c” crea però una sorta di posizione non simmetrica che porta a posizione complesse, dove il Bianco può portare la sua iniziativa sul lato del re.

Il Nero ha invece l’iniziativa sul lato della regina, in particolare sulla colonna semiaperta “c”, se il pedone di questa colonna venisse cambiato con quello centrale “d” del Bianco.

La difesa siciliana oggi è la risposta più gettonata contro 1. e4. Nel seguente articolo conosciamo alcune delle principali varianti, ma prima facciamo un salto nella storia.

Storia della difesa siciliana: le origini

La successione delle mosse, accennata in un trattato di Luis Ramirez de Lucena, è riportata nel trattato di Pietro Carrera “Il gioco degli scacchi” del 1617. L’autore vi dedicò solo due pagine, forse perché era una difesa relativamente “giovane” che non aveva avuto particolari sviluppi.

Per almeno un paio di secoli questa particolare difesa negli scacchi restò nell’anonimato, per poi essere riscoperta ad inizio ‘800 dallo scacchista Jacob Sarratt.

La difesa siciliana iniziò ad essere studiata da tutti i principali scacchisti fino al 1870, quando il tedesco Louis Paulsen, uno dei più conosciuti giocatori dell’epoca, perfezionò ulteriormente questa tipologia di difesa.

Le varianti della difesa siciliana

La cosa interessante è che i sistemi di difesa variano a seconda delle scelte dello sviluppo del Nero. Non a caso vengono definiti aperti e cambiano a seconda delle mosse successive. Esaminiamo le varianti più famose.

1) La variante Dragone

Le mosse:

  1. e4 c5;
  2. Cf3 d6;
  3. d4 cxd4;
  4. Cxd4 Cf6;
  5. Cc3 g6.

Questa variante, che vede il nero fianchettare l’alfiere sulla diagonale h8-a1, determina furiose battaglie caratterizzate da attacchi di entrambi i colori verso il re avversario.

Nella linea più critica, conosciuta come attacco jugoslavo, il Bianco si rifugia nell’arrocco lungo e fa affidamento alle spinte dei pedoni h e g per attaccare il re avversario.

Il Nero invece prova a sfruttare l’alfiere in g7, raggiungendo così la superiorità sulle case scure per attaccare l’ala della regina avversaria. La variante si chiama così proprio perché la disposizione dei pedoni neri ricorda proprio la costellazione del Dragone.

2) La variante classica

Le mosse:

  1. e4 c5;
  2. Cf3 d6;
  3. d4 cxd4;
  4. Cxd4 Cf6;
  5. Cc3 Cc6

La variante classica è più “conservativa”. Il Nero non si compromette spingendo troppo in là i pedoni, ma si limita a spingere in a6 o e6 mettendo subito il centro sotto pressione.

Lo svantaggio di questa variante è che il Nero determina subito la casa di sviluppo del Cb8, perdendo così la possibilità di svilupparla in d7.

3) La variante Sveshnikov

Le mosse:

  1. e4 c5;
  2. Cf3 Cc6;
  3. d4 cxd4;
  4. Cxd4 Cf6;
  5. Cc3 e5.

In questa variante il Nero accetta di crearsi un pedone arretrato, in d6, ed un avamposto per il Bianco in d5. In questo modo costringe il cavallo bianco a spostarsi in a3, quindi temporaneamente fuori dai giochi.

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