Carte bergamasche: origini, storia e le caratteristiche più folcloristiche

Sono tantissimi i giochi da Nord a Sud dello Stivale che si praticano con le carte che, a seconda delle regioni, possono presentare grafiche diverse che si ispirano alla tradizione regionale o cittadina.

Tra le carte più caratteristiche ci sono quelle bergamasche che, come suggerisce il nome, sono utilizzate principalmente nella città di Bergamo e provincia. Si tratta di un mazzo regionale di seme italiano di tipo settentrionale, che presenta molte affinità con le carte bresciane e trentine soprattutto per quanto riguarda la fattezza dei semi.

Conosciamole meglio le carte bergamasche, partendo dalle loro origini fino alle curiosità più simpatiche e divertenti delle singole carte.

La storia e le origini delle carte bergamasche

Molto probabilmente le carte bergamasche provengono dai tarocchi lombardi, utilizzati nella regione tra il XIV e il XV secolo. Inizialmente le carte erano 78, per poi scendere a 40 come tutti i tradizionali mazzi di carte italiane.

La tradizione delle carte bergamasche si consolida definitivamente nel 1876, quando in città aprì la Masenghini, una piccola bottega artigianale dedicata alla produzione cartaria.

Nel 1918 la piccola bottega fu acquistata da Romolo Lombardini, che la lasciò in eredità ai figli, fino a quando l’azienda fu assimilata dalla Dal Negro nel 2003.

Tra gli anni ’80 e ’90 si cercò di rinnovare le carte con figure più semplici e numeri più decorati, una mossa che non incontrò però il favore del pubblico affezionato evidentemente alle decorazioni tradizionali.

Possiamo quindi dire che le carte bergamasche, negli ultimi due secoli, non hanno subito alcuna modifica significativa mantenendo intatte le grafiche e le decorazioni tradizionali.

Le caratteristiche più peculiari e folcloristiche delle carte bergamasche

Come i tradizionali mazzi di carte italiani, anche il mazzo bergamasco è composto da 40 carte divise nei 4 canonici semi: denari, bastoni, coppe e spade.

Ogni seme ha 10 carte: le numerali dall’asso al 7 e le tre figure, il fante, il cavaliere e il re che sono rappresentate in maniera speculare piuttosto che a figura intera.

Alcune carte presentano un’iconografia molto folcloristica e caratteristica, attorno alla quale sono nate piccole storielle divertenti.

L’asso di bastoni si presenta con un’asta sorretta da una mano sulla quale è scolpita la scritta “vincerai”. L’asso di spade è sorretto da una mano con una corona intorno, al cui interno c’è una decorazione floreale.

L’asso di denari, chiamato in dialetto bergamasco “bozla”, è formato da un semplice cerchio giallo e rosso, oppure blu e rosso, e riporta il nome dell’azienda produttrice.

Decisamente peculiare anche l’asso di coppe, che ricorda lo stemma della famiglia Sforza del XIV secolo che regnò a lungo in Lombardia e viene raffigurato come una fontana sovrastata da un amorino bendato. L’amorino è ripreso nell’atto di fare pipì da una loggia, per questo motivo viene chiamato “bòcia” (ragazzo),“pisa lòbia” o “pisì”. Secondo le usanze di un tempo era prassi fare pipì dalla loggia in quelle case prive di servizi igienici.

Assume un significato particolarmente goliardico il 2 di spade che, per la sua forma, viene chiamato “vagina” o in altri termini dialettali che richiamano proprio l’organo riproduttivo femminile.

E poi c’è il 4 di spade, noto come “Margì”, il nome della moglie di Gioppino, storica maschera bergamasca. Sulla carta campeggia proprio una donnina nello spazio che c’è nell’incrocio delle spade.

I giochi più diffusi della tradizione bergamasca

Sono tanti i giochi che si possono fare con le carte bergamasche diffusi in città. Ci sono i classici giochi come scopa, tressette, briscola e scopone declinati nella versione locale.

Altri giochi tipicamente bergamaschi sono il “cotècc”, una variante del tressette diffusa anche in Emilia e a Trieste, e la Margì che prende il nome dal 4 di spade.