Planet Poker: la storia del primo sito online di poker

Giocare a poker online oggi è una cosa normalissima, anzi sono disponibili diverse varianti del gioco e strutture del tornei differenti tra le quali scegliere. Ma come nasce il poker online? Chi ha avuto l’idea di trasferire questo gioco dai tavoli verdi reali alle sale virtuali delle poker room online? L’ideatore fu Randy Blumer che diede vita a Planet Poker, la prima sala di poker in rete. Ecco di seguito la storia di questo personaggio visionario e della sua creatura, Planet Poker.

La storia di Randy Blumer: il “padre” di Planet Poker

Randy Blumer, ex ingegnere della Royal Canadian Navy, da giovanissimo si trasferì con la famiglia in Germania. In terra teutonica conobbe molti giocatori professionisti di poker e così iniziò ad appassionarsi a questo gioco.

A 21 anni volò a Las Vegas, città delle luci, del divertimento e soprattutto del poker, dove si consolidò ulteriormente l’amore per questo gioco. Lavorò per diversi anni nella Marina Militare canadese contribuendo tra l’altro a realizzare uno dei più importanti progetti di produzione navale del paese.

Nel 1997 si congedò per inseguire il suo grande sogno: lanciare la prima sala di Texas Hold’em online. L’idea gli frullava per la testa già da diversi anni ma nessuno lo appoggiava. Amici e giocatori di poker ritenevano che fosse impossibile organizzare una partita di poker in cui i giocatori non potevano guardarsi in faccia o toccare con mano soldi veri.

Blumer però tirò dritto per la sua strada e cullò a lungo il suo sogno fino a farlo diventare realtà nel 1997.

Planet Poker: dal crowdfunding ai tavoli di poker online

Blumer, seguendo un modello che oggi potremmo definire Il crowdfunding, raccolse tra gli investitori 30.000 dollari. Non erano molti ma sufficienti per lanciare il progetto. Siglò quindi un accordo con la ASF Software e posizionò i server in Costa Rica.

All’inizio le partite si giocavano in modalità gratuita ma già diverse persone trascorrevano molte ore nella sala virtuale. Blumer capì quindi le grandissime potenzialità che aveva il poker online anche perché era un mercato assolutamente “vergine” ed inesplorato.

Certo le grafiche erano minimal per non appesantire troppo il server, ma ai giocatori questo poco importava. Così dal 1° gennaio 1998 per la prima volta furono introdotti i soldi veri.

Inizialmente i versamenti ed i pagamenti venivano fatti tramite assegni spediti per posta, un sistema lento e farraginoso. Per questo motivo furono introdotte poco dopo le carte di credito.

I primi problemi per Planet Poker

Come in ogni bella storia però, dopo un avvio folgorante, iniziarono ad arrivare i primi problemi. Il successo di Planet Poker fu, per certi, versi una sorta di boomerang. Aumentando a dismisura i player online i server non riuscivano a reggere un flusso di accessi così alto.

Stiamo parlando della fine degli anni ’90, l’epoca del 56k con connessioni internet instabili e ballerine. Blumer introdusse nuove funzioni come ad esempio un pulsante per il “quick-fold” (una protezione per l’all-in di un giocatore che aveva perso la connessione) o un jackpot per le bad beat.

Blumer si accerchiò di persone esperte per ottimizzare le prestazioni del sito. Fu assunto come manager della room Roy Cooker, veterano del poker, che aveva il compito di ricontrollare le mani e indagare su quelle sospette.

Successivamente fu ingaggiato anche Mike Caro, giocatore professionista di poker, che oltre ad implementare le prestazioni di Planet Poker ne aumentò notevolmente la credibilità. I bei tempi però stavano per finire.

Il “bug” dell’RNG e l’arrivo della concorrenza

Oltre ai vari problemi di natura tecnica, nel 1999 Planet Poker dovette fare i conti con un episodio che ebbe grande risalto a livello mediatico e che generò una pessima pubblicità.

La ASF, società che produceva software per conto del sito, pubblicò online l’algoritmo del software per dimostrare che la distribuzione delle carte era del tutto casuale e che l’RNG (Random Generator Number) di Planet Poker garantiva almeno 4 milioni di possibili combinazioni.

Alcuni ingegneri, amanti del poker, decisero di analizzare nel dettaglio l’algoritmo pubblicato dalla ASF e rilevarono diverse incongruenze. Le combinazioni possibili in realtà non erano 4 milioni, ma solo 200.000. Inoltre, una volta arrivati al flop, era possibile risalire al tipo di combinazione e quindi a quali carte sarebbero uscite successivamente al turn ed al river oltre a quelle possedute dagli avversari.

La cosa suscitò molto scalpore a livello mediatico. Un giocatore, capito come funzionava il “bug”, riuscì a portarsi a casa la bellezza di 50.000 dollari in 4 giorni. Blumer, per dimostrare la sua totale buona fede, restituì i soldi ai giocatori che avevano subito perdite proprio a causa del bug e sistemò gli errori relativi all’RNG.

In effetti Planet Poker continuò a fare proseliti ma la fine era ormai all’orizzonte. Altre aziende, molto più avanzate tecnologicamente e con i mezzi adeguati, annusarono l’affare. Iniziarono così a spuntare come funghi poker room da ogni dove che misero all’angolo la creatura di Randy Blumer. Il fantastico viaggio di Planet Poker era giunto ormai alla fine.

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